giovedì 20 febbraio 2020

Alcuni spunti per “ben sostenere” l’idea della “Grande Bassano”


Intervento di don Stefano Mazzola
parroco dell’Unità pastorale S. Croce - S. Lazzaro e Vicario foraneo Vicariato Bassano–Rosà


Un saluto cordiale a tutti gli intervenuti, un grazie al GISP per aver organizzato la serata, la seconda in pochi mesi, con la partecipazione dei rappresentanti del territorio.

Il primo pensiero che mi è frullato per la mente, in questi giorni, è che la realtà ecclesiale della zona ha in certo senso “anticipato” il tema di stasera; infatti le parrocchie del bassanese - rosatese sono quasi tutte già inserite in qualche Unità Pastorale e di frequente collaborano insieme, soprattutto dopo l’unione dei due Vicariati: ne è un esempio, la serata del 28 febbraio prossimo dal titolo “ri-diventiamo umani” , che si svolgerà a S. Giuseppe di Cassola, per l’iniziativa delle “Notti sul sagrato”, Essa è frutto della sinergia di diversi gruppi e sensibilità, confessionali e non.

La Grande Bassano: un titolo ambivalente; potrebbe vellicare appetiti e sciovinismi, in un’epoca nella quale sempre più di frequente emerge la pancia,  a scapito della persona nella sua armoniosità complessa. Parlare di Grande Bassano è riferirsi anzitutto al territorio: come per ogni altra dinamica o struttura sociale, è indispensabile il coraggio per affrontare la complessità insita nell’oggi.

Complessità, etimologicamente dice la presenza di molte pieghe… ai nostri giorni è più probabile sentirci offrire soluzioni semplici a fronte di problematiche complesse. Non fuggire da tale complessità, affrontarla, riconoscerla, trovare faticosamente la via per cui quanto è ri-piegato venga di-spiegato, dipanato, sciolto. Ciò esige, mi sembra, una notevole capacità di dialogo, a differenza della più facile e apparentemente redditizia polemica (polemos = fare guerra).

Si parlerà di spazio o di tempo, stasera? Uso una metafora amata da papa Francesco, un primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: “…il tempo è superiore allo spazio. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci”. (EG 222-223).

Sono persuaso che un  simile sguardo, ampio e non miope, possa fare del bene anche al nostro territorio. Territorio che, come  ricordava don Simone Zonato alla plenaria dei CP del Vicariato unito di Bassano e Rosà, è sempre meno tale, cioè “legato alla terra” (come chiarisce l’etimo) e sempre più “ambiente”, ovvero “che gira intorno”.

Per indicare il territorio si parla di confini (“limes”, barriere, centro / periferia, dentro / fuori).
Nell’ambiente vi è parimenti un discorso di confini, ma intesi come “limen”, ovvero di portali, periferiche, accessi possibili.

Stasera verranno sfiorate diverse porte. Ci auguriamo siano varchi di incontro e non di preclusione.


don Stefano Mazzola

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